Conservatorio di Reggio Calabria

con la collaborazione dell'ISMez

con il patrocinio della SIdM

 

Convegno internazionale di studi

Reggio Calabria, Conservatorio

2-3 ottobre 2009

Dépliant

Sommario degli Atti (in pdf)

Programma e resoconto

Venerdì 2 ottobre

ore 10,00 Indirizzi di saluto

  • Antonino Sorgonà, Direttore del Conservatorio”F. Cilea”
  • Francesco Palumbo, Presidente del Conservatorio “F. Cilea”
  • Roberta Travaglini, Presidente ISMEZ / Onlus
  • Paologiovanni Maione, Responsabile Convegni della Società Italiana di Musicologia

 

ore 10,30 Relazione introduttiva

  • Roberto Pagano, Il “Pasticcio” settecentesco e un suo singolare riflesso nell’area della satira

 

ore 11,00 I sessione (Presiede Roberto Pagano)

  • Louise K. Stein, Alessandro Scarlatti and his collaboration with singers under the marchese del Carpio
  • Marie-Louise Catsalis - Rosalind Halton, Serenata in flux: productions from the Scarlatti workshop, 1696-1706

 

Ore 15,30 II sessione (Presiede Louise K. Stein)

  • Paologiovanni Maione, «La museca è na nzalata mmescata»: la commedia “pasticciata” nel primo Settecento a Napoli
  • Nicolò Maccavino, “L’Irene” di Carlo Francesco Pollaroli e Domenico Scarlatti (Napoli, 1704)
  • Gaetano Pitarresi, «Gradisci il buon’animo di chi ha fatto ciò per recarti maggior diletto»: il ‘pasticcio’ del Turno Aricino (Napoli, Teatro San Bartolomeo, 1724)
  • Angela Romagnoli, Un “Demofoonte” napoletano pasticciato (Teatro San Bartolomeo, 1735)

 

Sabato  3 ottobre

Ore 9,30 III sessione (Presiede Paologiovanni Maione)

  • Mariateresa Dellaborra, Il “Pirro” (1719) di Apostolo Zeno: un pasticcio a tre mani?
  • Alessandro Borin, I pasticci di Antonio Vivaldi
  • José Maria Dominguez, Un pasticcio romano alla corte di Filippo V: il manoscritto M2258 della Biblioteca Nazionale di Madrid
  • Guido Olivieri, 'La forza d'Amore' e altri pasticci londinesi di Pietro Domenico Paradies
  • Giovanni  Polin, Osservazioni e proposte metodologiche per una recensio analitica dei testimoni di pasticci e opere impasticciate italiane nel XVIII secolo

 

Ore 12,30 Valutazioni conclusive

 

Comitato scientifico: Nicolò Maccavino, Paologiovanni Maione, Gaetano Pitarresi, Antonino Sorgonà

 

Venerdì 2 ottobre

Ore 18,30 - Sala dei Concerti del Conservatorio

Concerto: Un Concerto “Pasticciato”

Musiche di D. Scarlatti, L. Vinci, F. Mancini, N. Porpora

Realizzazione del continuo: Luigi Miriell

Voci soliste: Pamela Chiriaco e Mariangela Santoro soprani; Katia Riotto, mezzosoprano;

Giuseppe Di Stefano e Luigi Turnaturi, tenori; Vincenzo Nizzardo, basso.

Complesso strumentale del Conservatorio “F. Cilea” diretto da Bruno Tirotta

 

Info: Tel: 0965-812223, email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., web http://digilander.iol.it/conservatoriocilea 


Resoconto

Il 2 e 3 ottobre 2009, presso il Conservatorio di musica “F. Cilea” di Reggio Calabria si è svolto il Convegno internazionale di studi “Responsabilità d’autore e collaborazione nell’opera dell’Età barocca: il “Pasticcio”, organizzato dal Conservatorio stesso in collaborazione con l’ISMez e con il patrocinio della SIdM. Dopo i saluti inaugurali del direttore, Antonino Sorgonà, e del presidente del Conservatorio, Francesco Palumbo, cui sono seguiti quelli di Johannes Streicher, in rappresentanza dell’ISMez, e di Paologiovanni Maione, responsabile del settore convegni SIdM, si è dato inizio ai lavori della prima sessione. Nella sua relazione introduttiva (Il “Pasticcio” settecentesco e un suo singolare riflesso nell’area della satira) Roberto Pagano ha fornito uno sguardo d’insieme sul mondo teatrale settecentesco, sulle sue convenzioni e sulla prassi del rimaneggiamento, ponendosi dal punto di vista dei letterati che vedevano i loro libretti alterati per compiacere le esigenze di impresari e cantanti. Si è soffermato sull’Odoacre (Napoli, Teatro San Bartolomeo, 1694), di provenienza veneziana, cui A. Scarlatti aggiunse nuove arie, e su uno dei pamphlet più noti della seconda metà del Settecento, Il Conclave, che Gaetano Sertor confezionò come un libretto operistico di taglio metastasiano. I lavori sono proseguiti con la relazione di Louise K. Stein, Alessandro Scarlatti and his writing for particular singers in Naples under the marchese del Carpio, che ha preso in esame le opere prodotte a Napoli nel periodo 1683-1687 in cui viceré fu il marchese del Carpio che dovette confrontarsi con castrati e primedonne di grande prestigio costretti a piegarsi al suo imperioso volere. In particolare la studiosa ha illustrato le opere che furono espressamente commissionate dal viceré ad A. Scarlatti e in particolare alcune arie dell’Aldimiro (Napoli, Teatro San Bartolomeo, 6 novembre 1683). Marie-Louise Catsalis e Rosalind Halton (Serenata in flux: productions from the Scarlatti workshop, 1696-1706) hanno considerato una sezione del catalogo delle opere di A. Scarlatti che di solito si ritiene non interessato al fenomeno del pasticcio, ossia le serenate. Pur ricordando che il compositore ebbe occasione di manifestare una concezione unitaria del dramma in musica, le relatrici hanno evidenziato come Scarlatti fosse coinvolto nella prassi del rimaneggiamento: si sono quindi soffermate sulla cantata Venere, Adone et Amore, composta nel 1696 e rielaborata, per una ignota esecuzione, nel 1706 in cui coesistono brani stilisticamente eterogenei, alcuni addirittura di dubbia attribuzione.

La seconda sessione si è aperta con la relazione di Paologiovanni Maione, «La museca è na nzalata mmescata»: la commedia ‘pasticciata’ nel primo Settecento a Napoli che ha offerto una disamina del repertorio del Teatro dei Fiorentini, sottolineandone le differenze rispetto a quello del San Bartolomeo; la relazione è stata integrata dalla dettagliata illustrazione e confronto di ampi stralci ricavati dalla librettistica coeva. Ha fatto seguito l’intervento di Nicolò Maccavino, dedicato all’Irene di Carlo Francesco Pollaroli e Domenico Scarlatti (Napoli, 1704): il relatore si è soffermato in particolare sulla produzione operistica di D. Scarlatti, per poi ricostruire il contesto, il luogo e l’occasione che portò il giovane compositore a rimaneggiare il testo musicale dell’Irene, esaminandone le peculiarità stilistico-musicali e drammaturgiche nei confronti di quella del Pollarolo. Ha fatto seguito la relazione di Gaetano Pitarresi, «Gradisci il buon’animo di chi ha fatto ciò per recarti maggior diletto»: il ‘pasticcio’ del ‘Turno Aricino’ (Napoli, Teatro San Bartolomeo, 1724), che, dopo aver offerto una panoramica sulla presenza di opere pasticciate nel repertorio del San Bartolomeo nei primi due decenni del ‘700, si è soffermato sul Turno Aricino, un pasticcio cui collaborarono Leonardo Leo e Leonardo Vinci dove alcune arie furono aggiunte dai cantanti del cast. Questo ha consentito al relatore di ripercorrere la carriera degli interpreti ed evidenziarne le caratteristiche vocali. Pitarresi ha poi comunicato che è stato in grado di rintracciare una serie di arie del Turno (attribuite a Orlandini, Cappelli, Porta, Porpora), la cui musica si riteneva perduta, presso l’Archivio dell’abbazia di Montecassino. Ha inoltre segnalato che le arie attribuite ad A. Scarlatti si basano in realtà su testi nuovi, composti appositamente per il pasticcio del 1724. Ha concluso i lavori della seconda sessione la relazione di Angela Romagnoli, dedicata a Un ‘Demofoonte’ napoletano pasticciato (Teatro San Bartolomeo, 1735). Eseguito in occasione del compleanno di Carlo di Borbone, appena insediatosi re di Napoli, l’opera nacque dalla collaborazione di tre compositori: Francesco Mancini, Domenico Sarro e Leonardo Leo, cui si devono le arie; Giuseppe Sellitti realizzò invece recitativi e intermezzi. Nel cast figuravano i nomi prestigiosi di Maria Marta Monticelli, Giustina Turcotti e Gaetano Caffarelli, e la qualità complessiva della partitura impone una riflessione sul giudizio da dare su questo genere di operazioni, proposte anche nelle occasioni di grande importanza istituzionale. Il caso ‘Demofoonte’ è particolarmente interessante anche per la presenza di un’opera sullo stesso libretto del solo Leo, andata in scena nel 1741, che ben si presta ad indagare per confronto il lavoro che il compositore opera sulle proprie arie.

Nella relazione con cui si è aperta la terza sessione, Il ‘Pirro’ (1719) di Apostolo Zeno: un pasticcio a tre mani?, Mariateresa Dellaborra ha ragguagliato su un lavoro di cui sopravvive, oltre al libretto di Apostolo Zeno, la partitura tràdita in una copia manoscritta veneziana probabilmente del 1720, conservata presso lo Schlossmuseum di Sondershausen. La relatrice ha fornito un’accurata disamina delle indicazioni ivi apposte da mano posteriore nonché delle attribuzioni dei tre atti rispettivamente a Clemente Monari, Andrea Stefano Fioré e Antonio Caldara. Ha quindi investigato la genesi e la struttura dell’opera, evidenziato i problemi più rilevanti relativi alle attribuzioni, e ha infine affrontato il significato e l’esito della collaborazione fra i tre musicisti nonché la fortuna dell’opera. Ha fatto seguito la relazione di José María Domínguez, Un pasticcio romano alla corte di Filippo V: il manoscritto M 2257 della Biblioteca Nazionale di Madrid, che ha preso spunto dalle recenti ricerche di Anna Tedesco, per trattare della Clemenza d’Augusto, un libretto di Carlo Sigismondo Capece messo in musica da Severo de Luca (atto I), Carlo Francesco Pollarolo (atto II) e Giovanni Bononcini (atto III). La première dell’opera, dedicata alla contestabilessa Colonna, Lorenza de la Cerda, ebbe luogo al Teatro Tordinona il 4 febbraio 1697. Sebbene La clemenza d’Augusto possa essere definita un pasticcio solo nel senso di “collaborative medley”, tuttavia s’inscrive nella lunga tradizione di mecenatismo musicale di casa Colonna. Domínguez ha messo a confronto il libretto a stampa e la partitura manoscritta e ha messo in luce le differenti strategie compositive dei tre autori. Ha chiuso i lavori del convegno Giovanni Polin (Osservazioni e proposte metodologiche per una recensione analitica dei testimoni di pasticci e opere impasticciate italiane nel XVIII secolo) che, partendo da una definizione tesa a distinguere pasticci, opere impasticciate e opere collettive sulla scorta di testimonianze ed exempla relativi alla vita teatrale melodrammatica veneziana di metà ‘700, ha proposto una metodologia di studio di lavori dalla tradizione “impasticciata”, appositamente calibrata da un lato in funzione della varietà e complessità del sistema di relazioni intercorrente tra i testimoni, dall’altro per facilitare una valutazione storico critica degli stessi che dia conto della tradizione evolutiva e performativa del testo indagato. Nell’ambito del convegno è stato anche offerto un concerto, diretto da Bruno Tirotta, che ha visto docenti e allievi del Conservatorio di Reggio Calabria eseguire pagine da opere e oratori di Vinci, Porpora, Mancini e D. Scarlatti.

Gaetano Pitarresi